The Southeast Asian Martial Arts
(c)1998 by Bob Dubljanin
Traduzione by Sere Massidda
“Per capire un’arte marziale e’ necessario capirne la filosofia.
Per comprenderne la filosofia e’ necessario conoscere la cultura da cui proviene.
Per capirne la cultura, bisogna capire la storia di quella cultura.
Il presente articolo analizza la citazione di cui sopra, spiegando l’interdipendenza dinamica tra la filosofia, la cultura e la storia del Sudest asiatico e delle sue arti marziali. Grazie alla correlazione tra questi tre elementi chiave, e’ possibile giungere a una comprensione globale delle diverse arti marziali del Sudest asiatico.
Storia
Non abbiamo informazioni dettagliate sull’antica storia del Sud-Est asiatico. Tuttavia, una fra le tesi piu’ accreditate sostiene che i primi proto-malesi, detti zingari del mare, durante la loro attivita’ nomade, vennero in contatto con culture e gruppi etnici piu’ vari: i cinesi, i birmani, i tailandesi, i bugis, i maduresi, i dayak, i sulu, i semang, i toradja, gli alifuru, i molucche e moltri altri.
Ogni regione dell’arcipelago malese ha le proprie leggende e i propri sistemi di credenze autoctone che sono a fondamento della cultura. Tuttavia, le prime testimonianze scritte (V e VI sec.) iniziarono con l’avvento di civilta’ straniere piu’ avanzate, come quella induista. In seguito giunsero inoltre le influenze arabe e cinesi che contribuirono alla diversita’ delle varie culture dell’arcipelago malese.
L’introduzione di una cultura straniera piu’ avanzata in un gruppo etnico aborigeno e la sua conseguente accettazione, a dispetto delle evidenti diversita’, sono operazioni alquanto singolari. Questo processo d’integrazione si riflette nei vari sistemi di combattimento malesi, nei quali s’impiegano in modo originale vari elementi di combattimento e si utilizzano armi provenienti dalla cultura cinese, araba e indu’.
Le arti marziali del Sudest asiatico si svilupparono in un’epoca ben precisa. Secondo i dati storici, le arti marziali da combattimento del Sud-Est asiatico fiorirono durante l’Impero Majapahit (XIV sec.). Quest’epoca in particolare fu determinante nell’influenzare molti dei sistemi odierni di combattimento nel Sud-Est asiatico; ogni regione sviluppo’, infatti, particolari abilita’ nell’arte del combattimento a mani nude e armato. La presenza di una cosi’ vasta gamma di sistemi di combattimento evidenzia la capacita’ di queste popolazioni nel riadattare di continuo le arti marziali, modificazioni che furono in parte dovute alle trasformazioni politiche, alle guerre e alle invasioni, oltre che alla particolare posizione geografica.
Alcune influenze giunsero grazie a pacifici commercianti o a immigrati che costituirono delle piccole comunita’: ne sono un esempio, le influenze arabe e cinesi giunte in queste isole.
Da un attento studio e’ evidente che, nonostante i vari stili possano sembrare molto diversi tra loro, possiedono un comun denominatore ritrovabile proprio nella sintesi del rapporto tra la cultura, la filosofia e la storia dell’arte marziale oggetto d’analisi.
Le arti marziali Filippine
Il Kali e’ l’arte marziale piu’ antica delle Filippine. Anticamente il Kali (o l’arte della spada) veniva insegnato ai giovani nelle bothoan (scuole), insieme alla lettura, la scrittura, la matematica e l’etica. L’arte del combattimento era semplicemente una branca dei saperi che le generazioni antiche trasmettevano ai giovani. La pratica di quest’arte era parte integrante della vita quotidiana.
Alcuni stili d’arte marziale filippina impiegano due bastoni, un metodo proveniente da una regione in cui i due bastoni venivano usati per trasportare le merci come il legno o l’acqua. Nel caso di un attacco infatti, si lasciava cadere rapidamente il carico per ritrovarsi in mano due armi pronte all’uso. L’applicazione pratica di oggetti d’uso quotidiano nel combattimento e’ pertanto un’invenzione di stampo filippino.
L’avvento degli Spagnoli e la nascita dell’Escrima
Tuttavia, nel XIV secolo cominciarono le invasioni delle popolazioni straniere dell’Europa Occidentale: fra gli atri i conquistadores spagnoli. Il Kali o Escrima, come fu ribattezzato dai conquistadores, venne messo in discussione. La grande conquista spagnola ebbe inizio nel 1521 sull’isola di Cebu e il Kali da arte di combattimento praticata liberamente fini’ col diventare una pratica clandestina vietata dal re spagnolo.
Molti degli stili e dei sistemi tuttora esistenti furono sviluppati proprio durante questo periodo oscurantista. Alcuni stili presero il nome di un particolare nemico per identificarne il particolare metodo di combattimento, come ad esempio lo stile Etalanio (italiano). Altri sistemi presero il nome di un particolare maestro, come lo stile di Toledo, in onore dell’illustre Escrimador Santiago Toledo oppure di un gruppo etnico che aveva sviluppato il sistema: ne sono un esempio, il Moro o lo stile Taosug.
Spesso il nome dello stile rappresenta la tattica di combattimento principale, ad es. lo stile Riterada (ritirata) o il Repeticon (ripetizione). Molte di queste tattiche nacquero all’apice del combattimento.
I nemici venivano da esperienze di combattimento differenti: erano infatti soldati spagnoli o mercenari portoghesi e italiani. Questi guerrieri specializzati dallo stile europeo, portarono nelle Filippine le loro armi e i loro metodi di combattimento, costringendo i filippini a concepire delle strutture di combattimento proprie in modo da permettere loro di adattarsi agli stili occidentali. La loro adattabilita’ porto’ a risultati letali nei confronti degli aggressori. I mercenari italiani, ad esempio, portarono nelle isole la spada italiana e un piccolo pugnale di supporto. Si sviluppo’ quindi uno stile filippino piu’ evoluto che al contempo imitava e contrastava il metodo di cui sopra, detto Etalanio. Gli stessi movimenti si ritrovano tuttora in molte delle tecniche del Kali/Escrima filippino facendo mostra di abilita’ marziali uniche che combinano le idee occidentali alle forme esotiche e alle filosofie provenienti dalla Cina, l’India, l’Arabia e dalle culture indigene.
Le arti marziali Indonesiane
Il Pentjak Silat o Silat e’ la piu’ antica forma di guerra dell’arcipelago malese. Secondo i dati storici, il Silat nacque a Sumatra e fu durante l’era Majapahit che venne perfezionato sull’isola di Java. Non si hanno notizie certe sulla storia del Silat e gli stessi maestri tramandano leggende, storie e teorie molto differenti su quest’arte ed e’ per questo che il Silat indonesiano ha un numero incalcolabile di stili.
Lo stile del Silat puo’ cambiare molto secondo il gruppo etnico, la regione o l’isola di provenienza.
Gli stili tipici di Java preferiscono un combattimento in posizione verticale, focalizzato sulla parte superiore del corpo, soprattutto le mani e i gomiti. Lo stile Serak della parte occidentale di Java e’ caratterizzato dal ridotto movimento delle mani, una tecnica applicabile a varie strategie usate per colpire, squilibrare o attaccare l’avversario. L’obiettivo di questi movimenti e’ prendere il controllo, condurre e concludere il combattimento. Tutti gli elementi di questo sistema perseguono i medesimi obiettivi e conferiscono agli allievi atteggiamenti e abitudini marziali efficaci da applicare durante le tecniche di combattimento.
Il Pukulan Pentjak Silat Serak e’ un sistema di combattimento ravvicinato (nella lotta da strada) di grandissima efficacia. Nello stile di Sumatra si osserva un ampio uso della parte inferiore del corpo durante le manovre combattive. Gli allievi della scuola di Sumatra hanno gambe estremamente allenate grazie all’arrampicata e a lunghi esercizi di squat in posizioni seduta. In questa regione dell’Indonesia, la lotta inizia spesso a terra, oppure il lottatore porta l’avversario a terra. Nei vari stili di Sumatra possiamo trovare molte azioni portate con le braccia e le gambe. Le mani vengono utilizzate principalmente per piccole parate o come supporto durante le manovre delle gambe. Lo stile Harimau (tigre) del Minagkabau di Sumatra presenta esattamente queste caratteristiche che lo rendono una forma di lotta unica in tutto il Sud-Est asiatico. Esattamente come le arti marziali filippine, tutti gli stili del Pentjak Silat sono orientati all’applicazione pratica e all’utilizzo dei rispettivi elementi propri dello stile. Nelle performance pubbliche si esprimono movenze che ricordano i fiori e la danza, movenze che a prima vista sembrerebbero non avere alcun legame con la pratica dell’autodifesa. Questo dato e’ stato registrato da molti etnologi occidentali, tuttavia si tratta di una contraddizione che si puo’ arrivare a comprendere attraverso l’etimologia delle parole “Pentjak” e “Silat”.
Il celebre etnologo delle arti marziali, Donn F. Draeger, definisce i due termini come segue: “… pentjak significa ‘movimenti del corpo regolati e calibrati nelle variazioni e nelle combinazioni’ e silat ‘combattere applicando il pentjak’ “. L’idea che il Pentjak Silat implica una forma di danza o che le due parole siano dei sinonimi e’ del tutto erronea. Forse il fatto che le due componenti Pentjak e Silat si possano dimostrare separatamente, puo’ portare a credere che siano delle forme di danza. Il Pentjak si pratica attraverso esercizi controllati, eseguiti da soli o con un compagno di allenamento.
La pratica del Pentjak puo’ essere accompagnata in sottofondo da strumenti a percussione: gli esperti paragonano quest’ausilio ritmico all’uso del metronomo nella musica. Le dimostrazioni pubbliche, presentate durante momenti ricreativi, spesso confondono ulteriormente le cose, ma la pratica del Silat contro un nemico non lascia dubbi sul fatto che si tratti di una forma di combattimento.
Nello studio di quest’arte marziale si sente spesso una citazione ripetuta dagli antichi maestri: “il Pentjak senza il Silat e’ privo di senso. Il Silat senza il Pentjak e’ inutile. Esiste quindi una relazione dinamica tra queste due forme compresa solo dall’allievo devoto dopo molti anni di pratica e di apprendimento.
Il rapporto culturale tra musica e arti marziali
Le arti marziali del Sud-Est asiatico sono una parte integrante della vita quotidiana nelle varie societa’ malesi. Il modo stesso in cui vengono insegnate, apprese e praticate e’ spesso simile ad altri metodi e arti dell’arcipelago malese. La musica Gong e Drum (Kulintang) del sud delle Filippine e’ un esempio perfetto del rapporto esistente tra la musica e le arti marziali filippine. Il suono del gong e del chime delle tribu’ Maranao, Yakan, Tausug Maguindanao segue le stesse tradizioni d’insegnamento delle arti marziali.
Non esiste una documentazione scritta sul sistema di notazione musicale, le melodie e i vari pezzi. I ritmi interagiscono attraverso modelli complessi e uniti in modo che i pezzi possano fluire senza sosta. La trasmissione di quest’arte da parte degli anziani nei confronti dei giovani avviene per mezzo della tradizione orale. L’insegnamento avviene con un solo allievo per volta sotto la supervisione del docente che pone grande enfasi sulla tradizione orale. I bambini sperimentano e imparano la musica attraverso l’osservazione e l’imitazione. Una volta che le varie melodie vengono memorizzate, possono essere mescolate e combinate all’infinito. Una volta interiorizzate diventano un unico flusso libero di alcuni temi principali. L’apprendimento e la pratica della musica sviluppano un forte senso del ritmo, della cadenza e della tempistica. I vari musicisti di un gruppo tradizionale Kulintang imparano a suonare tutti e cinque gli strumenti utilizzati diventando cosi’ intercambiabili e creando un flusso unico. I musicisti condividono un profondo senso di “giocosita’” quando suonano. Le stesse caratteristiche sono riscontrabili anche nelle arti marziali filippine (FMA). Gli esponenti dell’FMA sperimentano e apprendono alcuni aspetti tecnici (attacchi, difese, gioco di gambe) in modelli complessi legati l’un l’altro in un fluire senza sosta. Tutte le manovre fisiche sono percepite come variabili intercambiabili di alcuni movimenti e strategie di base. Nell’applicazione pratica cio’ significa ad esempio che chi pratica l’FMA deve memorizzare varie sequenze di combinazioni e poi essere in grado di utilizzarle in un flusso di diversi contrattacchi, nel contempo adattandosi al compagno con cui si allena. Dopo aver compreso che i movimenti e le tecniche sono intercambiabili, l’allievo impara ad applicare questo concetto all’utilizzo di qualsiasi arma, che sia spuntata, affilata, che sia un bastone, un coltello corto, un bastone lungo, un’arma flessibile, singola o doppia, mista o abbinata e a usarla in maniera efficace nel combattimento, qualsiasi arma essa sia, e perseguendo gli stessi concetti che sono alla base dell’utilizzo di tutte le armi. L’allenamento con e contro le armi avviene a un ritmo veloce perche’ i concetti di cadenza e tempistica sono fondamentali nell’efficacia della lotta.
Le arti marziali filippine esprimono anche un senso di “giocosita’” nell’allenamento in cui si sviluppano le capacita’ tecniche necessarie alla lotta. Gli allievi si divertono insieme, ma sono consapevoli della pericolosita’ di quest’arte: un semplice errore e si potrebbe fare molto male al compagno. Esercizi come la Sumbrada, il Numerado o l’Abecedario sono ottimi esempi a questo proposito. Nel sud delle Filippine quest’arte marziale viene spesso dimostrata in pubblico con l’accompagnamento della musica Kulintang
I migliori ballerini sono spesso eccellenti combattenti. Queste due arti si sostengono a vicenda e hanno le stesse radici culturali, hanno in comune gli stessi eventi storici e si sono sviluppate fino a essere cio’ che sono oggi. Si resta colpiti dalla bellezza di entrambe le arti e da come continuino a prosperare ed evolversi nelle Filippine odierne. Le evidenti analogie tra l’arte della musica Kulintang e le arti marziali ci mostrano che esiste un pensiero comune nella filosofia di questa cultura. Le stesse radici filosofiche permeano la musica, la cultura e le arti marziali di tutto l’arcipelago del Sudest asiatico.”